“Condividere la tua debolezza è renderti vulnerabile; renderti vulnerabile è mostrare la tua forza”
Criss Jami
La vulnerabilità non è certo un tema nuovo. Per dirla tutta, ne parlava già Omero quando nell’Iliade raccontava di Achille, semidio e il più coraggioso tra tutti gli Achei.
Eppure, a dispetto di quanto si potrebbe pensare, questa sua forza e superiorità, non gli proviene dalla discendenza divina che vanta, bensì proprio da quel tallone per cui la madre lo ha tenuto nel tentativo di renderlo immortale.
Perché diciamocelo, che coraggio ci sarebbe a scendere in campo se non hai niente da perdere?
Invece Achille perde un amico e, anziché pregare gli dei – che in fondo erano parenti e un favore avrebbero anche potuto farglielo – per riportarlo in vita, si lascia andare a un pianto disperato e senza freni.
E lì nasce l’eroe.
Non quando per vendicare la morte di Patroclo va a duello con Ettore – quello era il fato, una mossa da fare per arrivare a compiere il suo destino – ma nel momento in cui rende evidente il suo bisogno di avere legami, di connettersi profondamente con un altro essere umano.
E così nasce anche il leader, quello che sa creare ambienti di lavoro felici e psicologicamente sicuri, quello che frequenta la paura, esercita l’empatia e la compassione e che mostrando la sua vulnerabilità promuove un cambiamento di paradigma nella cultura organizzativa.
Sa essere a suo agio con l’imperfezione, con il non sapere, sa chiedere aiuto quando ne ha bisogno e riconosce quando fa un errore. Sa anche chiedere scusa.
Paradossalmente mostrare il “tallone” quando siamo in posizione di leadership ci rende più adattabili e resilienti di fronte alle sfide e ci permette di valorizzare le capacità degli altri, incoraggiando la condivisione di idee e mettendo i collaboratori nella condizione di sentirsi più liberi di esprimere le proprie intuizioni e di innovare.