Che tutti commettiamo errori, è un fatto inoppugnabile, ma è il modo in cui reagiamo all’errore che può cambiare la nostra prospettiva.
Trial and Error dicono gli esperti: si impara facendo dei tentativi e commettendo degli errori.
Sposare la proposta di Gianni Rodari di passare dallo “Sbagliando s’impara?” allo “Sbagliando s’inventa” permette di trasformare gli errori in fonte d’ispirazione rendendoli indispensabili, e a volte persino affascinanti, insomma una specie di palestra per la creatività e l’innovazione.
Gli errori da “scarti” da eliminare, diventano mattoni su cui costruire qualcosa di fantastico e non ancora pensato, come nel caso della torre di Pisa nell’introduzione al suo Libro degli errori.
E poi c’è l’effetto Pratfall! Le persone diventano più attraenti quando sbagliano! Così un leader che si sia dimostrato competente e sia apprezzato dal suo team susciterà fiducia e incoraggerà ad assumere rischi se mette in luce i propri errori.
Insomma, sembra che le persone preferiscano una bella imperfezione che fa sentire tutti più umani: chi l’avrebbe mai detto che con qualche errore potresti diventare più affascinante?
Eccoci dunque ad affrontare il tema di questo mese per sviluppare una cultura della #felicitàallavoro basata sulla sicurezza psicologica dei collaboratori.
Ebbene sì, per diffondere la felicità al lavoro occorre lasciare spazio all’errore, ovvero ad una cultura in cui le persone si sentano libere di ammettere i propri sbagli senza paura di finire crocifisse in sala mensa.
Certo, c’è chi ancora vede l’errore come il nemico numero uno, ma noi qui preferiamo abbracciare l’approccio del “fallimento costruttivo”. Parliamo apertamente degli errori, mettiamoli in mostra come trofei e vediamo come possano diventare il carburante per azioni coraggiose.
Creare una cultura dell’errore non significa dare via libera a comportamenti superficiali, ma piuttosto far sentire tutti OK, anche quando si fa una figuraccia. Questo permette di riconoscere gli errori più velocemente e imparare quale strada prendere e quale invece evitare.
E se un collaboratore ha paura di ammettere un errore, finisce per nascondere i problemi sotto il tappeto, magari con giustificazioni per evitare le conseguenze. E questo non fa altro che generare ansia e demotivazione.
La chiave di un approccio manageriale efficace è un dialogo costruttivo, senza giudizi, che si concentra sul riconoscimento, l’accettazione e la comprensione degli errori come parte naturale di qualsiasi attività umana.
E poi, lo sappiamo bene …anche i leader sbagliano. Ciò che conta è la capacità di ammetterlo.
Quando un responsabile ammette apertamente i suoi errori, manda due messaggi chiari al team:
1. **Integrità**: Il capo che si fa avanti e dice, “Ehi, ho sbagliato,” è un leader che non deve dimostrare di avere sempre ragione. La gente ama chi si prende le proprie responsabilità.
2. **Esempio**: Se il leader parla tranquillamente dei suoi errori, il team si sente al sicuro nel fare lo stesso.
Quindi, commettere errori è cool, sbagliare potrebbe diventare il nuovo trend: …non ti senti già felice di andare al lavoro?